Arcigay del Trentino ha deciso,
nei giorni scorsi, di approfondire quanto è avvenuto all'Istituto Sacro Cuore,
incontrando la Madre Superiora Eugenia Libratore che ci ha accolti presso la
sede della scuola, affiancata dalla ex consigliera Franca Penasa.
Un incontro cordiale e sincero
durato quasi un'ora. Uno scambio franco di punti di vista e una richiesta di
spiegazioni, molto pressante da parte nostra, alla quale la Madre Superiora non
si è minimamente sottratta. Di questo dobbiamo darne atto, apprezzando l'onestà
intellettuale di una religiosa che pervicacemente ha difeso il suo operato.
Qui di seguito, come obbligo nei
confronti dei nostri associati, ma anche come testimonianza civile utile per
chi dovrà affrontare la questione dal punto di vista politico, amministrativo o
legale, restituiamo la sintesi dell'incontro.
Dopo i primi convenevoli di rito,
introdotti nell'atrio della scuola e fatti accomodare in un'anticamera,
incontriamo la Madre Superiora poi raggiunta dalla ex consigliera provinciale
Franca Penasa. Subito si è entrati nel merito, e Madre Libratore ci spiega che
il colloquio con l'insegnante è avvenuto “in un luogo riservato” e che
ha affrontato la sua dipendente con queste concilianti parole: “Io mi trovo
in una situazione imbarazzante, io sono la Superiora di un istituto,
responsabile di una comunità educativa. Mi vengono delle voci e io non so, non
ci credo neanche, aiutami a capire...”, avrebbe affermato la Superiora
nell'incontro. “Da quel momento – continua la religiosa – è partita
come una scoppiettata. Io avrei creduto di poter parlare tranquillamente con
lei. Si è alzata e io sono rimasta senza parole. E se n'è andata.”
Da parte nostra, abbiamo cercato
di spiegare che, forse, la domanda rispetto all'orientamento sessuale rivolta
all'insegnante in questione, che sapeva di non avere il contratto rinnovato,
potesse essere stata interpretata come il motivo del mancato rinnovo, quindi
aver prodotto una reazione scomposta e rabbiosa, di chiusura e risentimento.
La Superiora afferma che era suo
dovere, anche umano, approfondire la questione, dare riscontro (oppure, con
maggiore speranza, vederle smentite) alle voci di una presunta omosessualità di
una sua educatrice. Capiamo però, nel seguito della conversazione, che il
chiarimento era necessario anche per la possibilità di nuove future
collaborazioni che si verificano di prassi dopo una interruzione del rapporto
di lavoro di una dipendente a tempo determinato. E' infatti la consigliera
Penasa a spiegarci meglio il concetto.
Franca Penasa afferma che “la
definizione del corpo docente avviene soltanto a settembre” perché in base
alla capacità di copertura del monte ore da parte dei docenti strutturati, è
possibile che rimangano scoperte posizioni che sono poi colmate attingendo
dagli insegnanti a contratto determinato. Quindi ci sarebbe la possibilità che
l'insegnante in questione possa essere ripescata.
Dalle parole della Madre
Superiora capiamo che la possibilità è decisamente realistica. Infatti ci
spiega che “in cantiere c'è la creazione di un Polo scolastico, con gli
Artigianelli e le Canossiane, quindi un'apertura importante che ci porterà
delle novità. Novità sul piano numerico, un potenziamento sia degli insegnanti,
sia degli allievi, sia delle ore. E noi siamo nelle condizioni di dare il
giusto riconoscimento a quanti meritano”.
Ma tornando a parlare
dell'incontro con la docente ribadisce: “non ho avuto lo spazio fisico di
poter dire che questa situazione poteva essere riconsiderata”
Noi a questo punto chiediamo
esplicitamente alla Madre Superiora: “ma se le avesse detto sì, sono
lesbica, e l'insegnante fosse stata nella possibilità di vedere rinnovato il
suo contratto, lei, onestamente Madre, cosa avrebbe detto?”
La Superiora risponde affermando
che se la questione rimane “di natura personale, onesta, discreta, e magari
nessuno se ne rende conto...” Senza quello che la Chiesa definisce come scandalo, diciamo noi.
La suora è stata interrotta, in tono professorale e spazientito afferma con
disappunto che “queste cose vanno dette, io ho mille persone, mille famiglie
che dovrò poi garantire, rassicurare, tranquillizzare. Perché mentre c'è
qualcuno che si incuriosisce di quello che legge sul giornale, c'è anche
qualcuno che dice: Madre ha fatto bene, meno male c'è qualcuno che dice qualcosa
di diverso”.
Anche noi abbiamo letto alcuni
commenti di lettori sui giornali locali che dicono: Per fortuna che una scuola
cattolica non vuole docenti omosessuali. Chiediamo alla Superiora se condivide
questo pensiero.
“La risposta a questa domanda
– afferma – richiede un distinguo. Se si rimane dentro ad un ambito di
discrezione e di tranquillità, e io non ho avuto genitori che vengono a
lamentarsi perché quella fa discorsi sballati...”. Per noi è importante
questo: chiediamo subito conferma, chiediamo: “Quindi non si è mai lamentato
nessuno dell'operato di questa insegnante?” La risposta della Superiora è
chiara, “no, perlomeno di questo no”, nessuno si è mai lamentato.
La Madre torna sul punto del
colloquio. “Ma se questa si difende in questa maniera, anche così
scostumata, a quel punto io non ho nessuna garanzia di poterla tenere”. Noi cerchiamo di capire meglio, e chiediamo
se quindi la Madre abbia effettivamente fatto soltanto una domanda, e la suora
lo ammette: “io le ho solo fatto una domanda...”. Continua dicendo,
riferendosi alla ipotetica omosessualità della docente: “se io mi trovassi
di fronte a una caso discreto, molto sereno, che non crea problemi... un caso
che non viene esplicitato...”
Ci vuole spiegare, con qualche
difficoltà a trovare le parole, che se non è esplicito nei comportamenti e
nelle dichiarazioni, un insegnante omosessuale non deve necessariamente essere
allontanato. Ci spiega che, per esempio, nella sua scuola c'è un laboratorio
grafico a cui partecipano studenti più adulti, e se un insegnante manifestasse
questa tendenza potrebbe essere trasferito lì, in modo che “possa occuparsi
dei grandi e non dei più piccoli”.
Noi, com'è ovvio, chiediamo
subito se forse pensa che una persona omosessuale non possa occuparsi dei
bambini più piccoli. Lei risponde che “no, questa è una mia convinzione”,
spiegandoci che un'insegnante omosessuale “posso utilizzarla con maggiore
serenità e tranquillità con i grandi invece che con i piccoli. Ma questo è un
mio gusto, una mia linea” ci tiene a precisare.
Il discorso è scivoloso,
cerchiamo di approfondire e chiediamo se secondo lei un insegnante omosessuale
possa avere la stessa umanità e capacità per svolgere il suo ruolo di educatore
alla pari di un suo collega eterosessuale. Con pacatezza e con un tono saggio
la religiosa afferma che “la situazione è molto complessa, non è così
semplicistica. Sapete – ci spiega – che questo è un problema che si può
ascrivere ad una serie di voci, da quella costituzionale a quella umana, a
quella spirituale. É' un problema che oggi più di ieri sentiamo vivo. Come
verrà gestito? – si chiede retoricamente – è un problema che la chiesa
ancora non ha definito”, si risponde.
La suora ci spiega che c'è un
Sinodo che ne discuterà, noi spieghiamo che c'è un Catechismo della chiesa
Cattolica che, pur giudicando negativamente il comportamento omosessuale, dice
chiaramente che le persone omosessuali non devono essere discriminate. “Qui
non è una questione di discriminazione – ci interromper Madre Libratore – si
tratta di una questione di rispetto di tante altre sensibilità. Io ho una
scuola da gestire e ho una responsabilità". Candidamente ci spiega che lei deve “tutelare mille sensibilità diverse”.
“Queste voci su questa
insegnante mi sono giunte – afferma la religiosa – e questo dimostra che
queste sensibilità ci sono. E non è vero che è tutto uguale – continua la
suora – è vero che teoricamente un gay è uguale a me, però è anche vero che
culturalmente e socialmente c'è una strada da fare, ci sono leggi in programma,
ci sono condizioni sociali da misurare, è tutto un discorso che
progressivamente ci porterà probabilmente ad una accoglienza, ma nel rispetto
di quelle che sono le leggi di natura”.
Quando le facciamo presente che
siamo a conoscenza che nella sua scuola ci sono altri insegnanti omosessuali,
la suora risponde che “aprirà molto gli occhi”, chiarendo subito che se
quella che sarà eventualmente riscontrata in alcuni insegnanti “è una
tendenza che rientra nell'ambito di una vita normale di rapporti normali,
andiamo avanti, ma se qualcuno esplicitamente vive l'omosessualità –
precisa Madre Libratore – io ho il dovere di tutelare gli altri, i genitori”.
Noi ribattiamo subito chiedendole da chi o da che cosa dovessero mai essere
tutelati. “Tutelati da una normalità di vita” ci spiega la suora, ma
purtroppo siamo sicuri che intendesse il contrario, cioè tutelarli dalla
diversità, tutelare la presunta normalità da ciò che è considerato da lei
sbagliato e dannoso: un insegnante omosessuale.
Rimaniamo su questo punto e
chiediamo cosa potrebbe succedere se scoprisse l'omosessualità di qualche
insegnante. Cosa farebbe, sarebbe forse licenziato?
“Vedremo che persone sono
– risponde lei – e le valuteremo in base al criterio del rispetto delle
altre persone”.
Interviene anche Franca Penasa, ex
consigliera provinciale della Lega Nord, ora addetta stampa del Sacro Cuore. “Voi
sapete che qui le persone pagano una retta – ci spiega – e a differenza
della scuola pubblica siamo una scuola con determinate caratteristiche e
dobbiamo ascoltare tutto quello che ci viene detto da chi paga la retta. A
volte anche noi pensiamo che una cosa non vada fatta, ma noi offriamo un
servizio. E questa scuola ha un indirizzo e molti vengono qui per questo”.
A questo punto il problema è di
principio. Diciamo che sì, i genitori possono esigere un certo servizio
considerato che pagano la retta, ma ci
sono anche delle regole da rispettare. Facciamo un esempio. Se una scuola
privata che tra i suoi insegnanti ne ha alcuni di colore, e arriva il leghista
di turno e dice: io non voglio che un insegnante bingo-bongo insegni a
mio figlio, voi cosa fate, lo licenziate? “Non è mai successo”, ci
rassicura la consigliera Penasa.
La Madre Superiora ci risponde
spazientita e tenta un altro esempio. “Sentite – ci dice – lei va in
un negozio e non le piace un capo di abbigliamento, lei non lo prende. Qui la
famiglia viene, le piace il progetto di vita, le piace la modalità, la prende.
Se non la prende se ne va. Io non la mando via – ci spiega – se na va da
sola”.
Gli esempi ci portano fuori
strada, quindi torniamo a bomba e battiamo lo stesso chiodo: se un suo
dipendente fosse omosessuale e vivesse la sua omosessualità alla luce del sole
e in maniera limpida... A questo punto anche la Madre Superiora mette da parte
le ipotesi e afferma chiaramente che “se mi viene a chiedere lavoro e mi
dice sono omosessuale, io probabilmente la aiuterò in un altro modo,
probabilmente le trovo un altro lavoro, ma non la metto vicino ai bambini”.
Ok, abbiamo capito che secondo la
Superiora i bambini devono essere tutelati dalla pericolosità di un
omosessuale. Ora, con rispetto,
rivolgiamo una domanda alla Madre Superiora, per valutare la sua pericolosità. “Madre,
possiamo chiederle quale sia il suo orientamento sessuale?”
Con imbarazzo, dapprima bofonchiando
un impercettibile “il mio... perché me lo chiedete?...”, risponde
affermando di aver sublimato la sua sessualità nella religione. Abbiamo fatto
alla religiosa la stessa domanda che lei ha rivolto all'insegnante. Non si è
scomposta più di tanto, non si è alzata rovesciando il tavolo, ma crediamo –
considerata la sua espressione – di averla messa in sincero imbarazzo, di
essere sembrati sconvenienti e del tutto fuori luogo. E non possiamo che darle
ragione.
La Superiora chiude la parentesi
dell'indagine sul suo orientamento sessuale in modo netto, tornando su quando
affermava: “Se lei mi chiedesse di venire a insegnare e mi dicesse sono
omosessuale, io le direi che forse ha sbagliato strada. Vada da un'altra
parte”.