mercoledì 3 settembre 2014

La sofferenza del padre cattolico di un ragazzo gay di fronte alle parole del vescovo

«L'INTERVISTA DEL VESCOVO? HO PROVATO SOFFERENZA»
TRENTO — «Come credente e come padre di un ragazzo omosessuale ho provato una grande sofferenza per l'intervista del vescovo». Parla piano Mario Caproni, misura le parole, ma la voce tradisce un'emozione forte e il desiderio di parlare, di far capire cosa significa per un ragazzo che si scopre omosessuale «sentirsi una persona sbagliata».
Lui è tra i fondatori di Rainbow, un'associazione nata in Trentino composta da gay, lesbiche e genitori di figli omosessuali. «Se il Papa, con grande empatia, dice "chi sono io per giudicare una persona gay?", perché quell'intervista su Vita Trentina? Accogliere significa guardare negli occhi una persona e dire "io ti accetto incondizionatamente così come sei". Non voglio parlare di ipocrisia, ma come si fa a dire "io pastoralmente ti accolgo", ma poi parlare di Arcigay e Arcilesbica come fossero il regno di Satana? Per me sono giorni di grande sofferenza, non solo come membro di Rainbow, ma anche come credente. Sono lacerato. Penso — continua Caproni — a quanti giovani oggi si allontanano dalla Chiesa anche in Trentino non perché non ne condividano i valori di fondo, ma perché non si sentono accettati dalla religione. Vorrei si capisse fino in fondo cosa significa per un ragazzo sentirsi una persona sbagliata».
Caproni affronta anche un'altra questione molto dibattuta nel mondo cattolico: il supposto tentativo da parte degli omosessuali di imporre a tutta la società la propria visione del mondo. «È un paradosso immaginare gli omosessuali, ossia una minoranza, possano diventare i persecutori di tutto ciò che non è omosessuale. Penso alla violenza con cui gruppi come le "sentinelle in piedi" accusano i gay di diffondere, quasi per contagio o proselitismo, l'omosessualità. È un'idea risibile. Non si diventa gay nè per "contagio" nè perché convinti da qualcuno a diventarlo, lo può capire chiunque. L'"ideologia del gender" poi...Ma davvero pensiamo che sia la prima preoccupazione delle persone omosessuali? Eppure se ne parla come fosse la Spectre (i cattivi di 007, ndr), un'associazione segreta che attenta al destino del mondo, all'integrità dell'umanità intera. Dove queste persone vedono trame oscure, io vedo sofferenza. Dove vedono la persecuzione della maggioranza da parte di una minoranza, io vedo solo esclusione».
Quanto alla discussione apertasi in maggioranza, ossia l'idea di escludere dalla legge la formazione e la sensibilizzazione nelle scuole, Caproni fatica a capire i dubbi. «Mi piacerebbe sapere quanti di coloro che ne parlano hanno realmente letto la legge. Nessuno vuole attentare alla libertà di educare dei genitori, si cerca solo di ridurre il disagio di chi si sente diverso, magari dileggiato e ne soffre. Un principio che vale per tutti, per i troppo timidi, per gli stranieri, per i disabili. Faccio un esempio pratico: l'anno scorso io e mia moglie siamo andati al Marie Curie di Pergine (scuola superiore, ndr). È stato proiettato Prayers for Bobby. È la storia di un ragazzo omosessuale che, non riuscendo ad accettarsi, si suicida. La madre, una cristiana conservatrice che aveva sempre rifiutato l'omosessualità del figlio resta sconvolta dal suo estremo gesto e diventa un'attivista dei diritti gay». Dopo la proiezione, se n'è parlato con insegnanti e ragazzi. «Qualcuno potrebbe spiegarmi perché questo sarebbe sbagliato? Io credo che non sia sbagliato, credo sia semplicemente umano».
T. Sc.

(Il Trentino, 3 settembre 2014)